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Italia, Mancini: “Siamo forti e possiamo aprire un ciclo. Euro 2020? Ce la giochiamo…”

Mancini Italia

Voglia di stupire e tanta fiducia, sempre col sorriso. Roberto Mancini, ct dell’Italia, è pronto al cammino che porterà la Nazionale al prossimo Europeo. Intervistato da La Stampa il tecnico di Jesi ha parlato senza mezzi termini del desiderio di fare bene e di tornare ad affermarsi come una delle squadre più forti del Mondo.

Progetto forte, giovani e un pizzico di euforia che non guasta. La ricetta del Mancio è questo e gli azzurri sembrano seguirlo alla lettera.

CRESCITA – “Il pari di San Siro con il Portogallo, pur senza gol, è stata la partita migliore. Ma su tutto c’è che siamo diventati una squadra molto velocemente. Credevo ci avremmo impiegato di più, pensavo di soffrire all’inizio e invece, per merito dei ragazzi, siamo avanti. Puntavo al Mondiale, ma ora ci possiamo giocare l’Europeo. La cosa più faticosa è stare mesi senza poter allenare, mi vengono delle idee e non posso applicarle. Per me è un sacrificio avere così poco la squadra a disposizione. Speriamo di essere ripagati agli Europei”.

PROTAGONISTI – “Ci sono squadre più avanti di noi. La Francia su tutte, ma nessuno ha un fenomeno. Per cui se facciamo un buon lavoro, se giochiamo un calcio offensivo che diverta e che gratifichi, ecco che allora i risultati sono possibili. Noi siamo l’Italia, possiamo fare come la Francia e la Spagna e aprire un ciclo. E’ un buon momento. La Francia anche per l’età è la più forte e oggi ci batte. Ma all’Europeo 2020 ce la giochiamo”.

GIOCATORI – Mancini si è poi soffermato sui singoli giocatori e su tutti quei giovani che sono il presente e saranno il futuro dell’Italia del pallone: “Kean ha solo 19 anni, dipende da lui ma può diventare un attaccante straordinario. Io lo faccio giocare anche esterno, ma se fa quello che deve fare sarà un grande centravanti. Poi Tonali, Barella, Mancini, Zaniolo. Anche a livello fisico possiamo dire la nostra. A me sembrano soprattutto bravi. Come giocatori e come persone. Noi eravamo diversi, a venti anni era già tre anni che giocavamo in Serie A. Alla prima convocazione Zaniolo era spaesato, normale. Dopo tre mesi sembrava un altro giocatore, aveva preso consapevolezza, un sintomo di personalità. Per loro ogni convocazione è una festa, non solo per i più giovani. Prendete Izzo, per esempio. E’ forte, ha fatto un gran campionato e mi ha colpito l’atteggiamento nel primo giorno in azzurro. Sembrava fosse a Disneyland”.

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