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Moglie Anastasi racconta ultimi momenti drammatici di vita e l’addio al figlio su Skype

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Per Pietro Anastasi tutta l’Italia si è commossa per la sua morte. Un omaggio ieri tributato in tre stadi ma non in tutta Italia e sui social molti hanno gridato allo scandalo. L’ex attaccante della Juventus, come riporta oggi Ilgazzettino.it, voleva andare in Svizzera come Dj Fabo, porre fine alle sue sofferenze con il suicidio assistito. «Me lo chiedeva quando era già malato, ma non sapeva ancora di avere la Sla: “Mi devi promettere che mi fai morire”, mi ripeteva. E io gli dicevo: “Stai tranquillo”. Se non ci fosse stata la possibilità della sedazione profonda non so proprio cosa avrei fatto». Anna Bianchi, la moglie di Pietro Anastasi, ha vissuto con lui 53 anni di cui 50 di matrimonio.

LA MALATTIA  – «Tutto è cominciato a febbraio di tre anni fa. Mio marito aveva un problema alla mano destra, non riusciva a impugnare bene la forchetta. Così siamo andati in ospedale e ci hanno detto che era meglio ricoverarlo, fare tutti gli esami. Hanno scoperto che aveva un tumore all’intestino e la Sla. È stato operato subito per il tumore e sottoposto alla chemioterapia, riuscendo a sconfiggerlo. Ma io ho deciso di non dirgli niente della Sla. I miei figli si fidano di me, erano d’accordo. Ho preferito che non sapesse nulla per proteggerlo. Lui aveva sempre in mente Stefano Borgonovo, morto nel 2013 proprio a causa della Sla. Quando si parlava della malattia lui citava sempre la storia di Borgonovo e io, ricordandomi di questo, non volevo farlo stare male. Finché non si sono manifestati segni evidenti, stavo zitta».

IL DRAMMA – «Era sempre peggio: “Anna, faccio fatica a camminare, a respirare, a muovere le mani e le braccia”. Io lo aiutavo, cercando di non fargli pesare nulla per non preoccuparlo, minimizzando, come se fosse stato un male passeggero. Pietro ha voluto che licenziassi una signora che ci aiutava, perché non voleva che lo vedesse in quelle condizioni. Arrivati a quel punto, però, anche lui aveva capito. Muoversi diventava sempre più difficile, qualsiasi minimo gesto quotidiano si trasformava in un’impresa insormontabile. Finché un giorno, tre mesi fa, l’ho guardato negli occhi e gli ho detto: “Sai cos’hai?”. E lui mi ha risposto: “Sì, ho la Sla”. Ed è rimasto a lungo in silenzio. L’ospedale mi telefonava tutti i sabati per chiedermi come andava, poi negli ultimi due mesi i medici venivano due volte alla settimana. Da quel momento la situazione si è aggravata, non riusciva più a muoversi, respirava a fatica e si aiutava con una macchina».

LA DRAMMATICA DECISIONE – «Ha resistito fino a che ha potuto, la scorsa settimana ha ceduto. “Facciamoci ricoverare in una struttura io e te”, mi ha proposto. Da solo senza di me non avrebbe accettato di andare da nessuna parte. E così mercoledì siamo entrati in questo hospice a Varese. Avevamo un mini alloggio tutto per noi, con due letti, un divano e la cucina. A pranzo ha mangiato, uno dei tanti problemi per lui era proprio quello di nutrirsi. Aveva rinunciato all’accanimento terapeutico, scrivendo su un foglio che rifiutava di essere rianimato. Ha anche rifiutato la tracheotomia alla quale gli avevano consigliato di sottoporsi. Quindi è arrivata una dottoressa, una persona davvero splendida, ha parlato con mio marito e gli ha prospettato la sedazione con una puntura. Si sarebbe addormentato e non si sarebbe mai più svegliato. È andata proprio così ed è avvenuto tutto molto rapidamente».

L’ADDIO AL FIGLIO SU SKYPE – «C’eravamo io e mio figlio. “Mi faccio sedare”, ci ha comunicato. «No, aspetta», l’ho pregato. Ma aveva deciso. Ha salutato l’altro nostro figlio che sta in America, chiamandolo via Skype, e alle sette di sera si è addormentato. Alle dieci e mezza era morto. Questa è una cosa che si fa solo se ci si ama e prima di morire mio marito mi ha detto delle parole bellissime. Parole d’amore».

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Fonte: https://www.itasportpress.it/calcio/moglie-anastasi-racconta-ultimi-momenti-drammatici-di-vita-e-laddio-al-figlio-su-skype/

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