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Tra gioco legale e illegale: riorganizzare il settore e colpire le società di comodo che evadono Imposta Unica e Preu

Se anche alcuni Senatori del Movimento 5 stelle sono preoccupati per la sorte delle aziende che operano nel comparto del gioco pubblico, riconoscendo pubblicamente (v. Interrogazione a risposta orale n. 3-02374, pubblicata il 24 marzo 2021, nella seduta n. 307, a firma dei Senatori Turco, Ricciardi, Romano) che il settore si muove sulla base di “una regolamentazione fondata su una normativa molto articolata che tocca aspetti di natura tributaria, di pubblica sicurezza e prettamente amministrativi, finalizzati tra l’altro a garantire il controllo dei movimenti di denaro che entrano nel circuito del gioco legale attraverso la previsione strumenti tracciabili di pagamento” significa che la situazione è molto grave. Sia dal punto di vista della finanza pubblica (entrate tributarie che mancano all’appello), sia sotto il profilo socio-economico (livelli occupazionali del comparto a forte rischio), sia dal punto di vista dell’ordine e della sicurezza pubblica (dilagare del gioco illegale).
Quest’ultimo aspetto è quello maggiormente evocato dai soggetti istituzionali competenti in materia (Magistratura, Forze di polizia, ADM), che riconoscono, praticamente all’unanimità, che la chiusura o la riduzione del gioco legale comporta un aumento di quello illegale, quasi sempre associato alla criminalità organizzata, considerato che i cittadini, anche con le sale chiuse, hanno continuato a giocare, rivolgendosi al gioco illegale.
Come ha dimostrato una recente indagine di Agimeg, confrontando i periodi 2019 e 2020 (anno in cui le sale sono state chiuse per la gran parte dell’anno), sulla base delle operazioni effettuate da Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia, Direzione Distrettuale Antimafia e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli,  è emerso che l’anno appena trascorso ha segnato il record di arresti e denunce legate al gioco illegale.
L’opinione contraria – cioè che il gioco legale favorisce il gioco illegalemolto in voga, in alcuni settori della politica e dell’informazione più schierate, prima della Pandemia, pare sopita, sovrastata da quella degli attori istituzionali (ma pronta, si ritiene, a scendere di nuovo in campo quando la situazione si sarà normalizzata).
E’ vero – come hanno dimostrato diverse inchieste giudiziarie – che la criminalità organizzata non si limita ad organizzare il  gioco d’azzardo al di fuori del circuito legale e tenti di operare anche nell’ambito di quello legale (ci si riferisce, in particolare, a scommesse e slot). Ma è anche vero che le stesse inchieste giudiziarie, condotte soprattutto (ma non solo) dalle Autorità giudiziarie e dalle Forze di Polizia delle regioni meridionali (prima fra tutte la Procura di Reggio Calabria), non hanno visto coinvolti, se non raramente, i grandi player del settore.
In linea di massima, infatti, i soggetti titolari di una regolare concessione interessati direttamente dalle inchieste costituiscono una minoranza e, soprattutto, si tratta in via pressoché esclusiva di concessionari di ridotte dimensioni.
A parte qualche isolata (e nota) eccezione, i concessionari con una struttura societaria medio – grande non sono stati mai coinvolti in forma diretta nell’ambito delle inchieste di cui si è detto.
A latere l’esigenza di un riordino del settore che contempli, da un lato,  la possibilità di riduzione del numero dei concessionari e, dall’altro, la presenza di soggetti a forte struttura, dotati di adeguata capacità patrimoniale e degli ordinari meccanismi di controllo interno (collegio sindacale, Organismo di sorveglianza, ecc) – per consentire un migliore controllo della filiera – si osserva che nella stragrande maggioranza dei casi i soggetti dediti al gioco illegale hanno la forma delle società a responsabilità limitata, senza collegio sindacale, con capitale sociale ridotto e nessuna forma di controllo interno.
Vanno, quindi, immaginate forme di contrasto che tengano conto di tale evidenza, prevedendo responsabilità penali ma, soprattutto, patrimoniali nei confronti di coloro che sono i promotori di queste realtà e che assumono o la veste di soci fondatori o, comunque, quella di soci (ed amministratori) di fatto.
Ad esempio, potrebbe essere utile stabilire che nei confronti di concessionari di gioco con ridotte dimensioni economiche o patrimoniali, privi di meccanismi di controllo interno (ad esempio, collegio sindacale), la responsabilità per gli omessi versamenti di imposte vada fatta risalire personalmente anche sui soci, formali o di fatto, e sugli amministratori, formali o di fatto. In questi casi la società viene utilizzata solo come schermo protettivo per compiere illeciti fiscali o penali e, quindi, non è giusto che gli ideatori e gli esecutori delle frodi possano beneficiare dello schermo societario, approntato dall’ordinamento per tutelare interessi meritevoli. Ovviamente, tale tipo di responsabilità “allargata” dovrebbe colpire anche i soggetti che operano nel comparto del gioco con vincita in denaro privi di concessione o autorizzazione di polizia.
Inoltre, potrebbe essere opportuno estendere la responsabilità penale oggi prevista soltanto per le violazioni in materia di imposte sui redditi e di IVA (cfr. D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), anche all’omesso versamento di imposte sui giochi (imposta unica, PREU), al superamento di determinate soglie o in presenza di comportamenti fraudolenti finalizzati all’evasione di dette imposte.
Si tratta di interventi semplici, idonei a rafforzare la barriera protettiva contro il gioco illegale e tutelare i soggetti che operano nel settore in modo trasparente e diligente, ossequiosi delle leggi e delle disposizioni amministrative emanate dal Regolatore. rf/AGIMEG

Autore: simonetta
Fonte:https://www.agimeg.it/politica/gioco-pubblico-colpire-societa-che-non-pagano-imposta-unica-preu

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